Il Flipper Elettromeccanico

Famoso gioco da bar come passatempo e svago, il gioco era composto da un piano orizzontale leggermente inclinato, con due pulsanti laterali premendo i quali si spingevano due...

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Famoso gioco da bar come passatempo e svago, il gioco era composto da un piano orizzontale leggermente inclinato, con due pulsanti laterali premendo i quali si spingevano due leve ‘pinnette’ che colpivano una biglia di acciaio verso il punto più alto del piano ed abbattere bersagli, fare punteggi e vincere 1 nuova pallina bonus.

Aveva un pannello frantale decorato dove venivano segnati sia i punti tramite rulli numerici, sia il numero delle palline in gioco. Per vincere una pallina c’erano due modi: abbattere totalmente i bersagli sul piano di gioco per far accendere la spia rossa “WOW” e tirare la pallina sopra il bersaglio fino a sentire uno schiocco rumoroso, oppure raggiungere determinate scale di punteggi.

Durante la partita dovevamo stare attenti a non scuotere molto il piano di gioco, perché andava in tilt, si spegneva e perdevamo tutte le palline con infinita tristezza. Una delle marche più famose e distribuite era l’americana William’s.

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2 comments

  1. Andrea da Roma

    Sul flipper e sulla sua filosofia si potrebbero scrivere degli interi volumi…

    Intanto di flipper ne esistevano infinite varietà, una diversa dall’altra nei dettagli e nelle posizioni dei bersagli da colpire. Ognuna delle varianti era caratterizzata da un tema conduttore a cui si rifaceva la decorazione del pannello frontale e anche quella del piano di gioco, tanto che molte macchine avevano dei veri e propri titoli: ce n’erano ispirate a James Bond, alla Formula 1, alla pallacanestro, al golf, al poker (e in genere alle carte da gioco), a Tarzan, al mondo del circo, ecc. ecc.

    Per essere bravi occorreva conoscere bene una macchina e giocare sempre con la stessa, così da apprenderne tutti i segreti. Nell’infausta circostanza in cui, magari dopo mesi, il proprio flipper preferito veniva sostituito con un modello diverso, anche il giocatore più esperto almeno per qualche tempo tornava quasi come un principiante.

    I flipper erano quasi tutti di provenienza americana e i produttori più famosi erano Gottlieb, Williams e Bally. Giocare costava 50 lire (aumentate a 100 dalla metà degli anni ’70 in poi). Si partiva con una dotazione di 5 palle.

    Fondamentale per il buon esito della partita era “accendere gli special”: questo risultato si conseguiva abbattendo alcuni bersagli (a volte si doveva farlo seguendo una certa sequenza), oppure facendo passare la palla in apposite corsie, o una mescolanza dei due obiettivi: in questo ogni macchina differiva dalle altre. Anche calibrare bere la traiettoria della palla era qualcosa che si imparava solo giocando con lo stesso flipper più e più volte.
    Quando gli special erano finalmente accesi, si illuminavano molte più luci e i punti che si ottenevano con le normali fasi di gioco venivano moltiplicati un gran numero di volte, per cui in breve tempo si potevano raggiungere punteggi assai più elevati che all’inizio. Ciò era quasi indispensabile per superare un determinato traguardo (ad esempio 10.000 punti) e ricevere così una palla extra; il giocatore attendeva con ansia di udire il famoso segnale acustico che annunciava tale bonus: uno schiocco davvero forte, che psicologicamente dava ancora più carica!
    In genere non c’era limite al numero di palle extra che si potevano vincere nel corso della partita: bastava di volta in volta superare il punteggio richiesto (ad esempio la seconda a 20.000 punti, la terza a 30.000 punti e così via). Sul frontale della macchina un indicatore luminoso segnalava quante palle rimanevano da giocare; ma molto spesso il numero più alto sul display era 5, per cui se si ottenevano palle extra per un totale superiore, occorreva tenere a mente quante ne rimanevano.

    Era lecito aiutarsi un po’ nel gioco spingendo il flipper e dando dei colpetti che accentuavano i rimbalzi (oppure li attenuavano, a seconda delle esigenze), ma era necessario non esagerare, pena il “tilt”, ovvero lo spegnimento temporaneo della macchina che causava la perdita della palla in gioco.

    Molto spesso una partita veniva seguita da uno o più spettatori, che si allineavano da ambo i lati della maccina e durante il gioco tifavano, davano consigli, esultavano, insomma partecipavano attivamente. …Ma era vietato gufare!
    Chi voleva giocare ma trovava la macchina occupata, si metteva in fila lasciando le sue monete sul bordo, un po’ come dire “dopo di lui ci sono io”.

    Verso la metà degli anni ’70, in molte sale giochi per invogliare i giocatori era invalso l’uso di offrire un piccolo premio in denaro (di solito 1000 lire) a chi avesse fatto registrare il punteggio più alto della giornata, il cosiddetto “record”. Tale numero era segnato con un pennarello cancellabile sulla parte bianca del frontale, con sotto il nome di chi l’aveva conseguito. Se si riusciva a superare il record vigente, si chiamava il titolare della sala giochi affinché ne prendesse visione ed acconsentisse alla cancellazione di quello vecchio e all’apposizione di quello appena conseguito: operazione che ogni giocatore compiva personalmente con orgoglio, sotto lo sguardo ammirato dei suoi “tifosi”. Poi nell’arco della giornata si passava a controllare che nessuno avesse fatto di meglio. Se tutto andava bene, all’ora di chiusura della sala o la mattina seguente all’apertura si riscuoteva il premio.

    Alcuni bar, invece, mettevano in palio un piccolo premio da risuotersi come consumazione a chiunque fosse riuscito a superare un certo totale.
    A riguardo, conservo memoria di un aneddoto sfiziosissimo, che risale all’incirca al 1975. Avevo più o meno 12 anni. Proprio di fronte a casa mia c’era un bar che metteva in palio una consumazione da 200 lire. Ero un giocatore abituale (spesso vincevo) e un giorno trovai il flipper occupato da un signore orientale, probabilmente un turista di passaggio. Mi misi a seguire la sua partita. Era davvero una schiappa terribile, non ne azzeccava una. Persa la prima partita ne giocò una seconda, poi una terza, con risultati sempre più inguardabili. Alla fine inserì nel flipper l’ultima moneta che aveva e, con mio grande stupore, si fece da parte e mi fece segno di giocare al suo posto. Non mi feci pregare: cominciai a far girare i contatori, ad accendere gli special, a vincere palle extra una dopo l’altra… L’orientale intanto si divertiva da matti e rideva a crepapelle. Alla fine vinsi la consumazione: presi quattro ghiaccioli da 50 lire. Feci segno al signore di prenderne uno per sé, ma declinò l’offerta; quando lasciai il bar ancora rideva, a differenza del barista che invece temo cominciasse a detestarmi. Così tornai a casa col gelato gratis per tutta la famiglia.

    1. Giulio Regosa

      Bravo Andrea, splendido commento, molto vivo sull’oggetto della voce e molto stretto con la tua, e la nostra, memoria bambina. Grazie del contributo. J

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