Il telefilm ‘Belfagor ovvero il fantasma del Louvre’

I bambini degli anni ’60 e ’70 non hanno paura di niente, tranne che del fantasma nero di Belfagor che scivola di notte tra le sale del Louvre...

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I bambini degli anni ’60 e ’70 non hanno paura di niente, tranne che del fantasma nero di Belfagor che scivola di notte tra le sale del Louvre …

Era il 15 giugno del ’66 quando andò in onda sul secondo canale della Rai la prima puntata di ‘Belfagor ovvero il fantasma dei Louvre‘. E da quella sera, per sei puntate, milioni di famiglie italiane restarono incollate davanti alla Tv ipnotizzate da quell’insolito sceneggiato francese in 4 puntate, in cui una misteriosa figura nera si aggirava di notte per le sale deserte dei Louvre.

E fra tutto questo pubblico c’eravamo noi, i bambini, affascinati dalla storia misteriosa che ci veniva raccontata e terrorizzati dalle fugaci apparizioni di quella maschera dorata dagli occhi enormi e dal lungo mantello scuro.

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Belfagor ovvero il fantasma dei Louvre‘ è una storia in bilico tra giallo e horror fantastico, che in Francia fu replicata solo due volte, ma che in Italia – a grande richiesta – la RAI rimandò di nuovo in onda nel ’66, nel ’69, nel ’75 e infine su Raitre nell’88.

I dialoghi sono asciutti, la fotografia è ‘espressionista‘, sullo sfondo una Parigi esistenzialista in bianco e nero, dove si muovono personaggi simbolo di quell’epoca come Juliette Gréco nel ruolo di Luciana Borel. Tra gli altri interpreti compaiono René Dary nel ruolo dei commissario Menardier, Franqois Chaumette in quello del l’aristocratico russo Boris Williams, Madame Sylvie nella parte di Lady Hodwyn e la giovane coppia formata da Christine Delaroche e Yves Renier, nei panni di Colette, figlia dei commissario, e Andrea Bellegarde.

Tutti coinvolti in un mistero che comincia con l’omicidio di un guardiano dei Louvre. Le indagini, condotte dali’ispettore Menardier, portano all’attività di un gruppo di occultisti che si ispirano a un’antica società segreta, quella dei Rosacroce, il cui tesoro sarebbe nascosto nel Louvre. Tra i membri della confraternita ci sono Lady Hodwyn, l’affascinante Luciana Borel, la sua gemella Stefania e Boris Williams, dotato di un’oscura forza ipnotica.

Sarà lui con i suoi poteri a trasformare Luciana in Belfagor e a spingerla al suicidio finale

Rivivete la sottile paura che vi attanagliava quando compariva la sagoma di Belfagor!

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Ettore De Micheli ha realizzato la seguente scheda informativa sul Belfagor letterario e su come si differenzia da quello televisivo, con un breve commento finale sull’indimenticabile telefilm stesso. Con delle foto, naturalmente: della copertina del libro e del dvd, e alcune foto del telefilm tratte dalla cartella stampa della RAI.

Il Belfagor del 1926 ed il Fantasma del Louvre del 1965 (e le “chicche” di mamma RAI…)

Nel corso del 2009 la Yamato video ha messo in commercio  – per la seconda volta ed a breve distanza di tempo – un box contenente quattro dvd: due contengono il film francese Belfagor del 1927, e gli altri due il Belfagor televisivo ed internazionalmente noto del 1965.

Il box contiene altre due cose: un fascicoletto di 20 pagine che, oltre a delle foto del telefilm di cui potete vederne alcune a fine articolo, riproduce, secondo le note in seconda di copertina “…la cartella stampa che la RAI aveva realizzato per promuovere la serie, trasmessa sulla loro rete negli anni ’60”.

Copertina-Belfagor-DVD Copertina-Belfagor-Berne

Cominciamo con le “chicche” dell RAI, che ne vale la pena, e comincio col dire che probabilmente, anzi sicuramente, i giornalisti della carta stampata avevano un po’ più di sale in zucca dei responsabili della redazione di questa disgraziata cartelletta: infatti, così, come se niente fosse, a pagina 9, facendo il riassunto dell’ultima puntata, viene rivelata sic et simpliciter l’identità del Fantasma del Louvre, “E’ Luciana che, vinta dall’effetto del farmaco, e sotto ipnosi, ha agito nelle vesti di Belfagor.”

Una cartella stampa, lo dice il nome, è destinata alla stampa stessa intesa come giornali e rotocalchi, che ovviamente se ne sono guardati bene dal rivelare il finale del telefilm, ma ve l’immaginate voi un titolo, che so, di Gente od Oggi dell’epoca: “Belfagor è Luciana Borel, tutte le notizie in anteprima a pagina 10: non avete neanche bisogno di guardare lo sceneggiato…”(!!!)

Ma andiamo avanti. A pagina 2, nella sinopsis, ovvero nel brevissimo riassunto di tutta la vicenda, leggiamo che “L’avventura di Andrea, ripresa e gonfiata dalla stampa, fa piovere sul giovane una valanga di inviti. Egli sarà costretto ad incontrarsi con le più strane persone. Stefania Lorenza, una bellissima e giovane donna, che sembra vivere di espedienti;…”

Ora, potete certo ben chiedervi, come se lo saran certo chiesto i giornalisti dell’epoca dopo aver visto lo sceneggiato, ma chi sarebbe questa Stefania Lorenza? Luciana Borel è Belfagor, quindi? Quindi niente, Stefania Lorenza semplicemente non c’è, ossia è Luciana.

Mi spiego: se conoscete solo un po’ di francese potreste anche guardarvi lo sceneggiato in lingua originale, e capireste subito che Juliette Greco viene chiamata Laurence, questo il suo nome nel telefilm, che tradotto è … Lorenza, appunto, poi, chissà per quale diavolo di ragione cambiato in Luciana, dunque l’estensore o gli estensori di queste note prima  attribuiscono a Belfagor il suo nome che però sarebbe doppio, Stefania Lorenza (Stefania, sei tu Belfagor!), poi, nel riassunto delle varie puntata viene sempre chiamata Luciana.

Mica male come confusione, se teniamo conto che sempre nella sinopsis alla figlia dell’spettore Menardier viene attribuito il nome di “Carlotte”, e poi nelle pagine seguenti invece correttamente Colette, e soprattutto nel paragrafo di pagina 3, Belfagor, letteratura e leggenda, leggiamo “Il famoso arcivescovo Belfagor, dio dei Moabiti e dei Madianiti…”, e più sotto “L’arcidiavolo Belfagor compare…” Bellissimo, davvero: abbiamo un arcivescovo Belfagor prima della venuta di Cristo stesso, arcivescovo eppure dio allo stesso tempo…

Ma in questo paragrafo si dice anche altro, ossia si ricordano i vari Belfagor letterari, quello di Machiavelli, di Ercole Morselli, di Casimir Gide, “un’altra opera dello stesso titolo di Giovanni Pacini ed una commedia lirica di Ottorino Respighi, libretto di Claudio Guastalla, che s’ispirò anche lui all’opera del Machiavelli.” E poi? Basta, finito. Beh peccato, peccato davvero perché manca unicamente la sola cosa che non poteva mancare: ossia non si dice che il regista del telefilm, Claude Barma, s’è ispirato all’omonimo romanzo, Belfagor, pubblicato in Francia nel 1926 e scritto da Arthur Bernède…

E il romanzo Belfagor, nella traduzione di Daniela Ventura e con le illustrazioni – e la copertina – di Corrado Roi (uno dei disegnatori di Dylan Dog) in prima edizione italiana è quella “quinta cosa” acclusa nel box assieme ai dvd ed al fascicoletto.

Ho detto che Barma s’è ispirato all’opera di Bernède, ossia non si può dire letteralmente che il telefilm è tratto dal romanzo, perché ci sono sostanziali differenze, diversamente dal film del 1927  – sceneggiato da Bernède stesso –  diretto da Henry Desfontaines, che riprende invece il romanzo pagina per pagina, dall’inizio alla fine. Di questo film non mi occupo qui, voglio ricordare però la figura dell’investigatore Chantecoq, interpretato dall’ottimo René Navarre, quel Navarre che nel 1914 riscosse un enorme successo interpretando la partedi Fantomas in tutti e cinque i film diretti da Louis Feuillade.

Il romanzo, dunque.

In cosa si differenzia dallo sceneggiato andato in onda per la prima volta in francia a metà degli anni ’60 e replicato poi svariate volte? La differenza sta, in primis, che il telefilm si mantiene dall’inizio alla fine in un’atmosfera “fantastica”, ed ho messo tra virgolette l’aggettivo in quanto intendo dire che, seppure il Fantasma del Louvre non è uno spettro, non è un’entità etereo-ectoplasmatica venuta dall’oltretomba, però il fatto è che Laurence-Luciana agisce sotto l’effetto di una droga, in un torpore ipnotico guidato, in una trance eterodiretta e chimicamente condizionata,  siamo ai limiti del possibile: tra realtà e invenzione, insomma.

Niente di tutto questo nel romanzo di Bernède: certo, c’è proprio una figura vestita di nero che appare di notte, nella “Sala delle divinità barbariche”, accanto alla statua raffigurante la divinità chiamata Belfagor, che uccide un guardiano, e che è alla ricerca di un qualcosa che ha a che fare – direttamente o indirettamente – con quell’effigie di pietra, ma Arthur Bernède si fa subito scrupolo di chiarire che questo misterioso essere è un criminale, un criminale più astuto e più pericoloso degli altri  “normali” delinquenti, ma niente di meno e niente di più, insomma nulla di esotericamente misterioso si cela sotto la  maschera di questa figura che si aggira nottetempo nei corridoi del più famoso museo del mondo, niente di fantastico né di paranormale, e tutto l’interesse, per il lettore, si concentra nella domanda: ma chi è Belfagor, depurata dell’alone di qualsiasi  fantasmaticità.

Lo studente Andrea Bellegarde è in origine invece un giornalista parigino, Jacques Bellegarde, che, rinchiusosi anche lui nel Louvre per scoprire l’dentità del fantasma, per poco non viene ucciso da Belfagor con una mazza di ferro. Viene salvato per il provvidenziale intervento del “re degli investigatori”, Chantecoq, che avrà l’onore di scoprire l’dentità di Belfagor e sgominare il delinquente insieme alla sua banda. Figlia di Chantecoq e non del’ispettore Menardier  – nel telefilm egli è commissario, invece – è Colette, che convolerà a giuste nozze con Bellegarde, mentre Menardier è un semplice e testardo ispettore di polizia sulle traccia sbagliata, ma che alla fine del romanzo si complimenterà con Chantecoq.

Ed abbiamo l’ex fidanzata di Bellegarde, Simone Desroches, che ama ancora il giornalista e vorrebbe che tornasse di nuovo assieme a lei. Le differenze, come già detto, rispetto allo sceneggiato sono non poche: nel Belfagor di Barma abbiamo Lady Hodwin, abbiamo l’apolide Boris Williams, vero deus ex-machina dell’intera vicenda, abbiamo appunto la droga che “crea” Belfagor lasciando Luciana inconscia dei suoi atti, abbiamo la ricerca del metallo prezioso e abbiamo i Rosa Croce, e poi la ricerca di Bellegarde nella rimessa dello sfasciacarrozze con suo imprigionamento,  abbiamo poi la ricomparsa di Belfagor sia in casa della sorella di Luciana sia al Louvre e lo scioglimento finale dell’enigma con la morte di Luciana e l’arresto di Williams.

Niente di tutto questo nel romanzo di Arthur Bernède: qui abbiamo un nuovo spasimante per Simone, che risulta essere un nobile decaduto, e ci sono due complici del Fantasma del Louvre, uno di quali è un gobbo che risulta essere, come dire, una specie di “secondo” di Belfagor, quello che pone in essere tutte le macchinazioni del Fantasma, ed infatti questo gobbo ha il compito di procurare false prove d’accusa ne confronti del giornalista, per poter indirizzare Menardier s’una falsa pista,, mentre Chantecoq capisce subito che l’ispettore sta battendo la strada sbagliata, in quanto Belfagor appare di notte proprio nella casa di Simone, e per farla breve: le lettere rubate da Belfagor e poste nell’abitazione di Bellegarde, insieme ad altre prove, inducono Menardier a pensare che il Fantasma del Louvre sia proprio Jacques Bellegarde, il quale starebbe cercando il tesoro di una regnante francese del sedicesimo secolo, Caterina di Valois, il cui tesoro, posto in un forziere, sarebbe stato occultato dal suo astrolologo (l’astrologo di corte) sotto la statua del dio Belfagor.

Intanto Simone Desroches, già malata e col dolore d’essere stata lasciata da Bellegarde, muore dopo una brevissima malattia. Riassumendo per sommi capi, vedremo che Bellegarde verà arrestato da Menardier, ma Chantecoq mette a segno il primo dei suoi trionfi e con una notevole sorpresa per il lettore, infatti questo romanzo  – non è un giudizio su Bernède, avendo egli scritto centinaia di opere, e chi scrive ha letto solo questo romanzo di questo autore francese –  non è rimarchevole per le sue caratterizzazioni di personaggi e neppure per il clima di mistero, lo è invece per la sorpresa che fa provare al lettore quando il mistero si svela, proprio come si deve in ogni romanzo poliziesco che si rispetti: e il romanzo di Bernède è un poliziesco né più né meno come tanti altri. Dunque Chantecoq ci sorprende quando scopre che in realtà Simone Desroches non era deceduta ma era stato messo un manichino con le sue fattezze sul letto di morte, perché in realtà Simone è proprio lei Belfagor,e verrà scoperta ed arrestata quando ormai si crede sicura d’aver vinto e col tesoro dei Valois si appresta a fuggire insieme al suo nuovo amante, l’aristocratico decaduto.
Ma sfuggirà alla giustizia umana,riuscendo ad avvelenarsi prima che Menardier e Chantecoq riescano ad impedirgli quest’ultimo gesto.

Un pranzo sontuoso  dall’alto della torre Eiffel suggellerà il trionfo della giustizia, di Chantecoq e le nozze imminenti tra sua figlia Colette e Bellegarde, così finisce il Belfagor di Bernède.

E adesso una nota sul  nostro Belfagor, quello televisivo.

Ci sono delle opere cinematografiche o televisive che, pur non rispecchiando l’originale letterario dal quale sono state tratte, in realtà se ne impadroniscono totalmente eclissando l’originale primogenitura letteraria, romanzesca, e un caso principe è quello di cui mi sono occupato qui: il romanzo di Arthur Bernède potrà essere rieditato di nuovo e più volte e il film del 1927 potrà essere anche proiettato non solo alla tele ma anche nelle sale cinematografiche che la sostanza non cambia: Belfagor è Belfagor se e solo se appare la sua ombra e poi le sue fattezze nel Louvre ricreato apposta da Barma, se appaiono gli occhi di Juliette Gréco.

Ma forse qualche nota sbagliata c’è, in questo piccolo grande capolavoro del piccolo schermo.
E dove? Belfagor è il Fantasma del Louvre, ma vediamo che nelle ultime tre puntate  –  mi riferisco alle puntate trasmesse qui da noi alla tele e non ai dvd della Yamato  – il nostro carissimo babau non appare praticamente più al Louvre proprio perché la scena si sposta e manca quella suggestione irresistibile delle prime puntate.

A parere di chi scrive tutta quella scena di Bellegarde nella rimessa e nel cortile del rottamaio poteva esere eliminata del tutto perché toglie tensione alla vicenda, è quasi una nota a parte, mentre forse sarebbe stato meglio concentrarsi sempre sul Louvre  e muoversi il meno possibile da lì: quando poi nell’ultima puntata Belfagor riappare per l’ultima volta nel museo, quasi vi appare malinconicamente e lo spettatore non subisce più né la tensione né il fascino delle prime apparizioni.

Notiamo poi questo, che tante vicende vengono riportate ma noi non le vediamo: ci viene detto che Andrea Bellegarde è rimasto solo nel sotterraneo a spiare Williams e Belfagor quando il guardiano Gautrais se ne andò, ma noi non lo vediamo, così come non vediamo quando i sotterranei vengono allegati perché Williams possa fuggire, né vediamo l’attentato che Menardier avrebbe subito quando era alla guida della sua vettura dopo la visita ai genitori di Luciana, ossia sono tutte lacune  della sceneggiatura che sono state risolte in questo modo.

Ma Belfagor rimane: rimane la deliziosa paura che c’ha fatto provare e che ci piace in qualche modo riprovare anche dopo tanti anni, quella tensione e quei brividi sapientemente dosati, quel magnifico bianco e nero e quella originalissima ed inquietante musica di violino. E lo ringraziamo sempre di tutto questo.

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